Strasburgo, 18 apr – “Il miglioramento della cyber-sicurezza dei prodotti digitali è un passo in avanti per proteggere utenti e aziende dalle conseguenze degli attacchi informatici sempre più frequenti e mirati. La sicurezza non dovrebbe essere vista come un costo, ma come un investimento. Ogni violazione di dati ha un impatto economico, che potrebbe essere evitato attraverso l’adozione di tecnologie avanzate. Vorrei porre l’attenzione su un punto critico riguardante il nuovo Regolamento: si corre il rischio di bloccare lo sviluppo dell’open source in Europa. Stando all’art. 16 del Cyber Resilience Act i programmatori potrebbero essere considerati responsabili delle violazioni alla sicurezza dei loro software, anche se non ricevono alcun ritorno economico. Questo potrebbe danneggiare gravemente la spinta innovativa del software aperto, che ricordiamo svolge un ruolo cruciale nell’economia digitale europea: parliamo di circa 100 miliardi di euro di impatto economico. È essenziale che qualsiasi legislazione tenga conto delle prospettive uniche del software open source e le normative future dovranno tenere in considerazione anche le difficoltà delle Pmi e trovare soluzioni efficaci per tutelarle. A questo si aggiunge un problema: l’approccio punitivo europeo, previsto per piccole e medie imprese: non ci siamo, visto che parliamo di realtà che spesso non hanno le risorse per adeguarsi in tempi così brevi. Un esempio ne è l’Italia, dove il 73% delle Pmi non ha ancora un piano di Disaster Recovery e ciò potrebbe causare un danno considerevole alle aziende che, oltre ad essere poco difese, rischiano la beffa delle sanzioni. Chiediamo attenzione al mondo delle Pmi: siamo qui per aiutarle e non per inventarci nuovi ostacoli”.
Così Paolo Borchia, europarlamentare della Lega, nel suo intervento durante la sessione plenaria del Parlamento Europeo.